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L’utero retroverso (o retroversoflesso) è una condizione anatomica molto comune che interessa il corpo della donna, più nello specifico la regione anatomica dell’utero.
Di seguito si darà una definizione del fenomeno, spiegando in che cosa consiste, le possibili cause, la sintomatologia e i miti da sfatare.
Che cos’è l’utero retroverso?
Per comprendere che cos’è l’utero retroverso, è necessario prima descrivere l’organo di riproduzione del genere femminile, ossia l’utero. Quest’organo ha una forma a imbuto rovesciato e si trova nelle pelvi, ovvero nel bacino, nella parte bassa della cavità addominale. È totalmente rivestito dall’endometrio, una mucosa che fornisce nutrimento e protegge l’embrione durante le prime fasi della gravidanza.
A livello anatomico, l’utero è costituito principalmente da due sezioni:
- il corpo uterino, la parte superiore e più larga, a cui sono collegate le tube di Falloppio, due sottili canali, che collegano le ovaie all’utero;
- il collo dell’utero o cervice uterina, che rappresenta la parte inferiore e più stretta, a cui è collegata la vagina.
In medicina con il termine “utero retroverso” si intende una retroversione uterina, ovvero una condizione clinica dell’utero che assume un’inclinazione diversa rispetto alla posizione normale, presentandosi inclinato all’indietro e leggermente appoggiato sull’intestino.
La posizione naturale dell’utero, infatti, prevede che questo sia inclinato anteriormente verso la vescica e posteriormente verso il retto, formando due angoli. L’utero che ha questa posizione è chiamato “utero antiverso“.
Esistono due principali tipologie di retroversione:
- retroversione primaria (congenita): l’utero è così posizionato dalla nascita;
- retroversione secondaria (acquisita): l’utero cambia la propria posizione a seguito di fattori successivi alla nascita, che interessano la zona pelvica.
Possibili cause dell’utero retroverso
Generalmente l’utero retroverso è una condizione congenita che, quindi, si possiede sin dalla nascita, ma tale fenomeno, si può sviluppare anche nel corso degli anni, per diversi fattori. Tra questi vi sono:
- processi infiammatori o infezioni che provocano aderenze (delle fasce di tessuto cicatriziale, che uniscono altri tessuti);
- manovre effettuate a livello ginecologico e/o dall’ostetrico, come gli aborti e il parto;
- gestazione: ciò si verifica perché dopo il parto i muscoli pelvici e i legamenti del pavimento pelvico tendono ad allungarsi e a diventare più deboli, provocando un cambiamento della posizione dell’organo genitale femminile;
- menopausa: in questo caso è possibile ricollegare lo spostamento dell’utero alla riduzione dei livelli di estrogeni, che provocano un indebolimento dei legamenti del pavimento pelvico.
Inoltre, è importante capire se la retroversione è dovuta e collegata ad altre patologie: ad esempio, è stata anche riscontrata in donne eccessivamente magre, fenomeno spesso legato alla ptosi. Si tratta di una patologia, che si verifica soprattutto quando il peso è insufficiente e quindi gli organi tendono ad abbassarsi.
Altre patologie, a cui è possibile collegare l’utero retroverso sono:
- l’endometriosi: un’infiammazione degli organi genitali del genere femminile, che si origina in seguito alla presenza anomala di cellule endometriali in zone diverse dall’utero; solitamente è una patologia asintomatica, tuttavia i sintomi, che si possono riscontrare sono molto simili a quelli della retroversione, come la dismenorrea e la dispareunia;
- i fibromi: sono una forma di tumore benigno dell’utero, più comuni nelle donne sopra i quarantacinque anni e in sovrappeso. La diagnosi viene effettuata tramite un esame dell’utero, che ne verifichi la forma e i contorni irregolari, come un’ecografia transvaginale.
In generale, di fronte a diagnosi di questo tipo di patologie è necessario intervenire, soprattutto per evitare complicazioni che vadano a influenzare lo stile di vita della donna. Le terapie possono essere di natura farmacologica, oppure si può anche ricorrere alla chirurgia. Uno degli interventi più comuni in questo ambito è l’isteropessi, che ha lo scopo di correggere la posizione dell’utero e farlo ritornare inclinato anteriormente verso la vescica.
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Sintomatologia e come capire se si ha l’utero retroverso
Non è facile capire in autonomia se il proprio utero è retroverso o meno perché i sintomi sono spesso silenti; di conseguenza è anche possibile che la donna continui la propria vita, senza mai saperlo.
Spesso, invece, tale condizione si riscontra nell’età dello sviluppo, quando, dopo l’arrivo delle prime mestruazioni ci si sottopone alla prima visita ginecologica. In quest’occasione, il ginecologo sarà in grado di verificare l’eventuale presenza di retroversione in maniera semplice, analizzando il volume dell’utero e controllandone la parte esterna e interna. Lo stesso può avvenire durante un comune pap-test o nel caso in cui la paziente debba fare il test per verificare la presenza del papilloma virus (HPV).
L’utero retroverso può essere individuato anche attraverso un controllo più accurato, per esempio mediante un’ecografia transvaginale: si tratta di un esame non invasivo che, tramite l’inserimento di una sonda, permette di osservare l’utero e gli organi vicini, individuando eventuali malformazioni o patologie.
Sintomi
Per quanto riguarda i sintomi, invece, in generale è possibile affermare che siano di varia natura e, generalmente di bassa intensità. Essi vanno a riguardare varie aree del corpo, concentrandosi principalmente sulla regione lombare e sui dolori da ciclo.
Alcuni sintomi frequentemente riscontrati dalle donne che hanno l’utero retroverso sono:
- dispareunia, ovvero la presenza di dolori forti durante la penetrazione o dopo i rapporti sessuali;
- dismenorrea, ovvero dolori mestruali forti; questi ultimi, infatti, con l’utero retroverso, sia durante il periodo premestruale, che nel corso del ciclo vero e proprio, aumentano d’intensità. Ciò è principalmente dovuto al fatto, che il sangue ha difficoltà a uscire e, di conseguenza, esercita una maggiore pressione sulle ovaie;
- disturbi vescicali, intestinali e gastrici;
- cefalea;
- stipsi, ovvero difficoltà di evacuazione;
- irritabilità;
- sensazione di stiramento all’addome.
Miti da sfatare sull’utero retroverso
Molto spesso una diagnosi di retroversione uterina desta molte preoccupazioni nella donna, soprattutto perché tale condizione è oggetto di false credenze, che però sono molto diffuse tra le persone. Ecco una serie di miti da sfatare sull’utero retroverso.
Se si possiede l’utero retroverso, non è possibile rimanere incinta
Questo è falso. L’utero retroverso non causa infertilità e una donna con l’utero retroverso ha le stesse probabilità di far nascere un bambino di quelle con l’utero antiverso. Inoltre, la retroversione non è un ostacolo, perché durante il parto l’utero si sposta e assume la posizione normale, quindi si inclina verso la vescica, in modo tale da non provocare ulteriori complicazioni. Dopo il parto, però, con il tempo l’utero ritorna alla sua posizione retroversa.
Avere l’utero retroverso è una malattia
No, l’utero retroverso non è una malattia, ma una condizione naturale (più comune di quanto si pensi). Questa, infatti, generalmente provoca solo alcuni problemi legati al periodo mestruale, ma non desta ulteriori preoccupazioni. In questi casi, infatti, viene proposta una cura, cui obiettivo è quello di alleviarne i sintomi. Può essere consigliata, per esempio, l’assunzione di antibiotici e antidolorifici.
Le probabilità di aborto sono più alte con l’utero retroverso
No, le probabilità di abortire sono le stesse delle donne con l’utero antiverso. È tuttavia opportuno considerare la presenza di altre patologie collegate alla fertilità, che possono influenzare negativamente la gravidanza, fino a comportare la perdita del bambino. Il problema si crea, quando è coinvolta un’altra condizione clinica dell’utero, ossia quando questo è incarcerato. L’utero è definitio “incarcerato”, quando è bloccato nella cavità del bacino dopo il terzo mese di gravidanza. Ciò si verifica, in seguito al mancato intervento di correzione della retroversione dell’utero, che di conseguenza non riesce a cambiare posizione e a scendere nell’addome.
Bisogna seguire una terapia per l’utero retroverso
No, non è necessario seguire nessuna cura particolare. È importante, però, prestare più attenzione alla propria salute e fare spesso controlli dal proprio medico, in modo tale da mantenere la situazione sotto analisi ed essere in grado di individuare precocemente eventuali cambiamenti o evoluzioni e intervenire adeguatamente.