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La mutilazione genitale femminile (MGF) è una pratica che viola i diritti umani e una forma di violenza contro donne e bambine. Consiste in un’alterazione delle conformazione degli organi genitali femminili per ragioni non terapeutiche e può comportare l’asportazione parziale o completa dei genitali esterni. Priva di qualsiasi beneficio per la salute, si tratta di una pratica pericolosa che aumenta il rischio di conseguenze negative sulla salute urogenitale, riproduttiva, sessuale e mentale; in alcuni casi, inoltre, può causare complicanze potenzialmente letali.
Esistono quattro tipologie principali di MGF: tipo 1, 2, 3 e 4.
Precedentemente nota come “circoncisione femminile”, la pratica è oggi definita “mutilazione genitale femminile” (MGF) per distinguerla dalla circoncisione maschile e porre l’accento sul fatto che si tratta di una violazione dei diritti umani. Tuttavia:
- un numero sempre maggiore di organizzazioni ed esperti utilizza il termine “taglio dei genitali femminili”, perché la parola “mutilazione” può avere effetti negativi o alienanti sulle donne interessate e implica che la pratica venga sempre eseguita con un intento malevolo;
- altre organizzazioni ancora, tra cui l’UNICEF e il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA), hanno combinato i due termini e utilizzano la denominazione “mutilazione/taglio dei genitali femminili” (Female Genital Mutilation/Cutting, FGM/C);
- anche i termini “escissione” e “taglio dei genitali” sono accettabili e possono essere utilizzati per descrivere questa pratica;
- spesso, le comunità che fanno uso della MGF ricorrono a termini tradizionali, tra cui “sunna” (per le mutilazioni di tipo 1 e 2), che rimanda a una narrazione di tipo religioso, e “infibulazione faraonica” (per le mutilazioni di tipo 3), che sottolinea le radici culturali della pratica.
La MGF è un problema globale, condannato da tutti i principali trattati sui diritti umani, nonché da molte forze dell’ordine e gruppi per la difesa dei diritti locali, in quanto viola:
- i principi di parità e non discriminazione basata sul genere;
- il diritto alla vita (nei casi in cui la procedura porta alla morte);
- il diritto alla libertà dalla tortura o da trattamenti o punizioni crudeli, disumane o degradanti;
- i diritti delle bambine;
- il diritto al miglior stato di salute possibile.
In passato, la MGF veniva praticata in tutto il mondo per diverse ragioni; tuttavia, molti paesi hanno introdotto leggi per contribuire all’eliminazione del fenomeno. Nel 2021, per esempio, erano 84 i paesi con leggi contro la MGF.
Nonostante l’aumento delle campagne contro la MGF negli ultimi 40 anni, la diminuzione della sua prevalenza è stata piuttosto lenta. Data questa situazione, gli esperti sottolineano la necessità di approcci contro la MGF completi, multisettoriali e contestualizzati, in cui siano coinvolti i rappresentanti locali per indurre un cambiamento di rotta a livello di comunità, sostenere l’applicazione delle leggi e i controlli, rafforzare la gestione del settore sanitario (formando gli operatori sanitari sulla MGF) e promuovere attività di sensibilizzazione continua contro questa pratica.
Prevalenza della mutilazione genitale femminile
La MGF viene praticata in tutto il mondo, con tassi di prevalenza nazionali che oscillano tra lo 0,6% e il 98% e atteggiamenti verso il suo mantenimento altrettanto variabili.
Nonostante la prevalenza sia concentrata in 31 paesi distribuiti tra Africa, Medio Oriente e Asia, vi è un numero crescente di donne e bambine immigrate che hanno subito o sono a rischio di subire mutilazioni.
Ad oggi, la MGF è documentata in 92 paesi.
Tipologie di mutilazione genitale femminile
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) classifica la MGF in diverse tipologie in base alle porzioni dei genitali che vengono tagliate o asportate.
Nel 2018, è stato effettuato un aggiornamento della terminologia utilizzata nelle linee guida dell’OMS per specificare che, nelle pratiche di MGF, non si esegue un’asportazione completa del clitoride, ma solo della sua parte esterna (il “glande”). Spesso, invece, le persone comuni e gli stessi membri della comunità medica pensano erroneamente che si esegua la rimozione completa del clitoride per via dei miti diffusi sull’anatomia di questo organo.
Anche se ogni mutilazione prevede procedure e risultati diversi, l’esistenza di linee guida specifiche per ogni tipologia di MGF consente agli operatori sanitari di offrire un supporto migliore alle donne che l’hanno subita.
La segnalazione di casi di mutilazione con la relativa classificazione OMS è obbligatoria in diversi paesi per favorire la continuità dell’assistenza e tenere traccia della prevalenza del fenomeno.
L’OMS classifica la MGF in quattro tipologie principali, tre delle quali possono essere ulteriormente suddivise in base alle strutture anatomiche interessate. Il tipo 4 è una categoria generale in cui sono comprese tutte le mutilazioni che non rientrano nelle altre tre tipologie.
Tipo di MGF | Descrizione |
Tipo 1 (Clitoridectomia) | Asportazione parziale o completa del glande e/o del prepuzio (o cappuccio) clitorideo |
Tipo 1a | Asportazione del prepuzio |
Tipo 1b | Asportazione del glande clitorideo con prepuzio |
Tipo 2 (Escissione) | Asportazione parziale o completa del glande clitorideo e delle piccole labbra, con o senza escissione delle grandi labbra |
Tipo 2a | Asportazione delle sole piccole labbra |
Tipo 2b | Asportazione parziale o completa del glande clitorideo e delle piccole labbra (potrebbe essere interessato anche il prepuzio) |
Tipo 2c | Asportazione parziale o completa del glande clitorideo, delle piccole labbra e delle grandi labbra (potrebbe essere interessato anche il prepuzio) |
Tipo 3 (Infibulazione) | Restringimento dell’orifizio vaginale con creazione di una chiusura attraverso il taglio e il riposizionamento delle piccole o delle grandi labbra, con o senza escissione del prepuzio e del glande clitorideo |
Tipo 3a | Riposizionamento delle piccole labbra |
Tipo 3b | Riposizionamento delle grandi labbra |
Tipo 4 | Qualsiasi altra procedura che provoca lesioni ai genitali femminili per scopi non terapeutici, tra cui puntura, perforazione, incisione, raschiatura e cauterizzazione |
Sebbene le tipologie più comuni di MGF siano la 1 e la 2, il 10% delle donne che hanno subito questa pratica sono state sottoposte a infibulazione (tipo 3), utilizzata prevalentemente in Somalia, Sudan del Nord e Gibuti.
Interventi di chirurgia estetica intima e piercing genitali
Si definiscono “interventi di chirurgia estetica intima” gli interventi correttivi eseguiti sui genitali con il consenso del/della paziente, per scopi non terapeutici e comprendono:
- Labioplastica;
- Riduzione delle dimensioni del cappuccio clitorideo;
- Clitoridectomia;
- Perineoplastica;
- Vaginoplastica;
- Imenoplastica;
- Amplificazione del punto G;
- “Ringiovanimento vaginale”.
La chirurgia estetica intima può essere assimilata ad alcune forme di MGF in termini di definizione, tecniche e risultati.
Sono in corso dibattiti per stabilire se la chirurgia estetica intima debba essere considerata una forma di mutilazione, dato che esistono alcune differenze fondamentali tra le due pratiche: mentre la mutilazione è una convenzione culturale, eseguita (principalmente) su bambine incapaci di fornire un consenso informato, la chirurgia estetica intima ha finalità puramente estetiche e viene eseguita su persone adulte consenzienti.
Anche il piercing genitale eseguito su persone adulte e consenzienti a scopo decorativo o per aumentare il piacere sessuale si colloca in una zona grigia dal punto di vista legale: esistono, infatti, discussioni sulla legalità dei piercing per scopi decorativi personali rispetto a quelli eseguiti per ragioni culturali.
Chi è a rischio di mutilazioni genitali femminili?
La MGF viene eseguita prevalentemente nella fascia di età compresa tra l’infanzia e l’adolescenza, ma le conseguenze di questa pratica sulla salute spesso si protraggono fino all’età adulta.
Secondo le stime, in tutto il mondo sono almeno 200 milioni le donne e le ragazze che convivono con le conseguenze di una mutilazione genitale. Ogni anno, circa 3 milioni di ragazze di età inferiore ai 15 anni sono a rischio di subire mutilazioni genitali.
Perché si pratica la mutilazione genitale femminile?
I motivi della MGF sono molto complessi dal punto di vista socioculturale e, spesso, sono radicati nella tradizione. Questi variano in base alla regione e al gruppo etnico e possono essere riconducibili a cinque macrocategorie:
- Psicosessuali
- Sociologici e culturali
- Igienici ed estetici
- Religiosi
- Socioeconomici
La MGF è talvolta considerata un rito di passaggio all’età adulta associato all’accettazione da parte della comunità; rappresenta pertanto un elemento importante dell’identità culturale. Può, inoltre, essere praticata come prerequisito per il matrimonio, come mezzo per salvaguardare la verginità della donna, oppure per ragioni estetiche, per aumentare il piacere sessuale maschile o per paura del rifiuto della comunità.
Sebbene la pratica si sia affermata prima delle religioni abramitiche e non sia sostenuta né dal giudaismo, né dall’islam o dal cristianesimo, per giustificare la MGF vengono spesso invocate motivazioni di carattere religioso.
Come si pratica la mutilazione genitale femminile?
La decisione di sottoporre una bambina/ragazza alla MGF spetta spesso alla famiglia e la difficoltà di abbandonare la pratica è in molti casi legata alle pressioni esercitate dalla comunità, anche per i benefici sociali percepiti che derivano dal portare avanti la tradizione.
La mutilazione è in genere eseguita dagli anziani, spesso donne, della comunità o dalle tradizionali levatrici, quasi sempre secondo modalità e in un contesto cerimoniale. Tendenzialmente viene praticata in un ambiente non sterile, senza l’uso di anestetici, servendosi di coltelli, rasoi, forbici o oggetti incandescenti.
Nella maggior parte dei casi, inoltre, la mutilazione viene eseguita da figure che, tradizionalmente, si dedicano a questa pratica, ma con conoscenze mediche scarse o completamente assenti. Solo in un caso su 4 la mutilazione viene eseguita da persone qualificate, come infermieri, ostetriche, medici e altri operatori sanitari. In questi casi si parla di “medicalizzazione della MGF”, ma il coinvolgimento del personale medico conferisce un’aura di pericolosità alla pratica in quanto offre un falso senso di sicurezza e autorità che promuove il suo perpetuarsi. Fra i tipi di mutilazione medicalizzata rientra la reinfibulazione, che consiste in una risuturazione dell’orifizio vaginale dopo i rapporti sessuali o il parto: si tratta di una procedura controversa, osteggiata dall’OMS e vietata dalla legge italiana. In altre parti del mondo, come gli Stati Uniti, la legalità della reinfibulazione è ambigua e la procedura può essere considerata come un intervento di chirurgia estetica intima, se richiesta da una donna adulta e informata.
Conseguenze e complicazioni
La mutilazione genitale femminile è associata a complicanze fisiche, psicologiche e sessuali a breve e a lungo termine.
Le complicanze a breve termine possono comprendere:
- dolore intenso;
- shock;
- tetano o altre infezioni;
- ritenzione urinaria;
- ulcere nella regione dei genitali e lesione dei tessuti circostanti;
- emorragia;
- infezione della ferita;
- setticemia (presenza di agenti patogeni nel sangue) – alcune bambine e ragazze muoiono per un’emorragia o un’infezione direttamente provocata dalle procedure di mutilazione;
- infezione urinaria;
- febbre.
Le conseguenze a lungo termine possono comprendere:
- dolore cronico nell’area genitale e pelvica o vulvare;
- disfunzioni sessuali, tra cui dolore o difficoltà nei rapporti sessuali;
- la barriera fisica creata dall’infibulazione nella MGF di tipo 3 può causare un accumulo di sangue mestruale nella vagina e nell’utero e impedire i rapporti sessuali e il parto;
- ipersensibilità nell’area genitale;
- infezioni ricorrenti (compreso un aumento del rischio di trasmissione dell’HIV), che possono portare all’infertilità;
- sanguinamento, cisti e ascessi;
- formazione di cheloidi;
- problemi a urinare o di incontinenza (dovuti al danneggiamento dell’uretra);
- depressione, flashback e altri effetti sulla salute mentale;
- complicanze durante il travaglio e il parto;
- anemia.
I rischi per la salute variano in base al tipo di mutilazione eseguita, le capacità di chi la esegue, le condizioni igieniche, la resistenza opposta dalla ragazza o dalla donna, e il suo stato generale al momento della procedura.
La MGF di tipo 3 ha le maggiori probabilità di essere associata a disturbi mestruali, urinari, infezioni ricorrenti della vescica e delle vie urinarie, fistole (aperture anomale tra la vagina e la vescica o il retto) e infertilità.
Trattamenti e cure
L’assistenza fornita in caso di mutilazioni genitali deve prevedere un approccio incentrato sulla donna e offrire a ogni paziente l’autonomia e l’opportunità di prendere decisioni informate sui trattamenti e le cure. Dato che le opzioni di trattamento attualmente disponibili sono poche, è necessario adottare approcci multidisciplinari e culturalmente consapevoli, che sono tuttavia ancora assenti in molti contesti clinici.
La gestione delle MGF può comprendere il trattamento di:
- dolore;
- problemi urinari;
- formazione di cicatrici e reazioni post-infiammatorie;
- infezioni;
- infertilità;
- sessualità;
- salute mentale.
A causa del rischio di altri effetti avversi, si devono evitare gli interventi chirurgici per il trattamento delle mutilazioni, tranne in caso di infibulazione o quando non si riesce a individuare chiaramente la causa diretta del dolore.
La deinfibulazione è una procedura chirurgica che comporta l’incisione della cicatrice provocata dall’infibulazione allo scopo di esporre gli orifizi vaginale e uretrale. Tradizionalmente viene eseguita per consentire i rapporti sessuali o il parto, dopodiché viene spesso praticata una reinfibulazione per ripristinare la situazione precedente. In ambito medico, la deinfibulazione è raccomandata per tutte le donne infibulate al fine di migliorarne lo stato di salute e benessere generale, consentire loro di avere rapporti sessuali, trattare o prevenire complicanze ostetriche e urologiche e per agevolare il parto.
Poiché le ricerche sulla ricostruzione del clitoride per ripristinare il piacere sessuale non hanno ancora dato risultati chiari, l’esecuzione di questo intervento chirurgico non è attualmente consigliata dalle linee guida internazionali.