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La parola “vagina” deriva dal latino e si può tradurre come “guaina, fodero, copertura, guaina della spiga di grano, buccia, guscio”. Nonostante abbia origini molto antiche, questa parola compare nei testi solo a partire dal 1680.
Oggi è formalmente definita come “il canale che si estende dalla vulva all’utero nel corpo di una donna”.
Come si è sviluppata la nostra conoscenza della vagina nel tempo
Galeno, considerato il più importante studioso di medicina dell’Impero Romano, descrisse la vagina come una sorta di pene al contrario, scrivendo: “Provate a pensare ai [genitali esterni] dell’uomo rivolti verso l’interno ed estesi tra il retto e la vescica. Se ciò accadesse, lo scroto prenderebbe necessariamente il posto dell’utero, con i testicoli che rimangono all’esterno, accanto ad esso da entrambi i lati”.
Solo nel Cinquecento, durante il Rinascimento, i medici furono in grado di utilizzare strumenti per esaminare gli organi interni della donna, e fu in questo periodo che iniziarono a pubblicare disegni dei genitali e di altri apparati.
Con l’evolversi della scienza, la nostra comprensione dell’anatomia continuò ad ampliarsi e la diffusione della stampa facilitò e incoraggiò la circolazione di queste informazioni tra i medici.
Capire la vagina: c’è ancora strada da fare
La rivoluzione sessuale degli anni ’60 e ’70 è stata segnata da profondi cambiamenti nell’atteggiamento verso la sessualità femminile, l’omosessualità e la libertà di espressione sessuale, ma nonostante questo, c’è ancora un’evidente necessità di migliorare la comprensione generale dell’anatomia femminile.
Secondo recenti studi, infatti, il 61% delle donne non ha mai letto articoli informativi sulla vagina e l’83% ha dichiarato di volerlo fare. Un’indagine del 2014, inoltre, ha rilevato che solo il 50% delle donne tra i 26 e i 35 anni è in grado di fornire una descrizione precisa della vagina, mentre 1 donna su 3 fra i 16 e i 35 anni non effettua controlli ginecologici.
Secondo lo stesso studio, il 65% delle donne tra i 16 e i 25 anni fa fatica a pronunciare le parole “vagina” e “vulva”, e il 40% preferisce usare espressioni come “parti intime femminili” quando si parla di salute ginecologica.
La sessualità femminile
Il piacere sessuale femminile, nel tempo, è sempre stato fortemente condizionato dalle forze sociali.
Inizio del XVIII secolo
A partire dal XVIII secolo si assiste a un cambiamento significativo nelle esperienze e negli atteggiamenti verso la sessualità femminile.
In questo periodo, il punto di vista sostenuto da tempo, secondo cui il desiderio sessuale femminile è vorace e il piacere sessuale delle donne è necessario per il concepimento, viene messo in discussione dai nuovi sviluppi della medicina. Purtroppo, allo stesso tempo, il mancato controllo sull’illegittimità e sulla prostituzione fa sì che la sessualità femminile venga associata a queste attività, con forti ripercussioni sociali nei confronti delle donne.
Metà del XVIII secolo
A partire dalla metà del XVIII secolo, la sessualità comincia a essere espressa in maniera più libera. Le donne della classe operaia e quelle della classe media vivono il sesso in modo molto diverso, poiché la morale sessuale varia drasticamente a seconda della classe. Anche per le donne che amano altre donne l’esperienza varia a seconda della classe di appartenenza, e alcune testimonianze raccontano che nella classe operaia spesso le donne si travestono da uomini.
XIX secolo
Nel XIX secolo, a causa di una forte preoccupazione per la prostituzione, viene istituito un nuovo sistema di registrazione e regolamentazione, nel tentativo di controllare le malattie veneree. Alcuni gruppi femministi chiedono l’abolizione di questo sistema, scatenando una serie di implicazioni politiche legate alla sessualità, che in breve tempo si estendono alla discussione sul controllo delle nascite e sullo sfruttamento sessuale dei bambini.
Intorno al 1890, i movimenti sessuali radicali e gli esperti di sessuologia iniziano a sperimentare nuovi modi di concepire la sessualità. Dopo la Prima guerra mondiale, la libertà sessuale diventa un simbolo della modernità, della nuova cultura del consumo, ma questa libertà genera anche preoccupazione, soprattutto in seguito alla drastica diminuzione del tasso di natalità.
XX secolo
I movimenti nazionalisti fanno del natalismo (visione che mette al centro la riproduzione della vita umana) una questione politica cruciale, e i governi totalitari, come quello dell’Unione Sovietica di Stalin e della Germania nazista, impongono il controllo delle nascite e l’aborto per motivi eugenetici e legati alla tutela della razza.
Dopo la Seconda guerra mondiale, il continuo controllo governativo sulla sessualità viene contestato dai nuovi movimenti di liberazione, come il femminismo, il movimento omosessuale e i nuovi partiti della sinistra radicale.